Sulle strade dello Spirito

Su ali d'aquila

Domenica 14 maggio 2023 • VI di Pasqua (A)


La VI domenica di Pasqua ci invita a soffermarci sul dono più grande della Pasqua di Gesù: il dono dello Spirito Santo. La piena consegna di questo dono secondo l’evangelista Giovanni avviene nel momento in cui Gesù sulla croce emise lo Spirito. È lì nel momento in cui tutto sembra finito, tutto sembra concluso, che il Signore apre una nuova via, la strada dei figli di Dio, strada che ancora oggi noi in questo tempo percorriamo.

La strada dello Spirito è una strada complessa da vivere, soprattutto direi ai nostri giorni. La liturgia oggi ci invita a fermarci per guardare al dono dello Spirito perché questo dono non si può comprendere senza un giusto tempo di ascolto, senza un vero riposo capace di fermarsi e di rileggere il vissuto.

Un aspetto che noto infatti nel nostro tempo è che noi continuiamo a correre, a fare cose,… ma molto spesso facciamo, creiamo, disfiamo, senza fermarci, senza guardare nel volto i nostri fratelli e sorelle che il Signore ci ha messo accanto, senza avere quella umanità che ci distingue dagli animali. E quindi anche gli aspetti più piccoli, le sciocchezze che potremmo risolvere creando spazi di silenzio, ascolto e confronto, diventano occasione di separazione e divisione.

Guardiamo invece alla Parola che abbiamo ascoltato: da dove nasce? Nasce da un tempo di rilettura e di ascolto che la prima comunità cristiana ha vissuto. E quindi possiamo capire alcuni aspetti che lo Spirito dona, tra cui anzitutto la comprensione della vicenda di Gesù. Giovanni può scrivere queste righe alla luce della sua preghiera che lo ha portato a rileggere il significato profondo delle parole di Gesù.

Nel Vangelo che abbiamo ascoltato Gesù invita i suoi discepoli a saper vivere la loro libertà guardando alla libertà di Dio. Quanto avremmo voluto anche noi, come i discepoli della prima ora, avere Gesù per sempre accanto a noi… ma avremmo vissuto veramente una fede autentica? Probabilmente avremmo vissuto una continua richiesta di cose al Signore, ma non una fiducia profonda in Lui. Insomma non saremmo cresciuti come Chiesa. La Parola stessa infatti ci testimonia una crescita interiore da parte dei discepoli dopo la risurrezione e ascensione di Gesù. Una crescita interiore che vediamo nella franchezza delle parole di Pietro e Giovanni davanti ai capi dei popoli, un coraggio che si abbandona con fiducia al mandato missionario che Cristo stesso ha lasciato a loro. Questa è la pace che Cristo dona a coloro che veramente lo seguono. È la pace che ci rende indipendenti da ogni successo, da ogni conquista mediatica, è la pace che si rallegra nella verità perché vede crescere non la propria persona, ma l’amore di Cristo, che desidera solamente il bene vero dell’uomo perché sia Uomo a immagine e somiglianza di Dio. È la pace di chi dimora nel cuore del Padre come il Figlio fa nel momento della prova e del passaggio definitivo a Lui.

Lo Spirito Santo in sè rivela quindi l’invito a un esercizio pieno della nostra libertà. Non a dire faccio quello che voglio, ma a usare la nostra libertà sui quei cardini della nostra umanità che nessuna tecnica, nessun pensiero astratto e fluido può modificare. Quello che assistiamo oggi nelle tematiche di attualità è il pensiero del mondo che racchiude l’uomo nelle sue forze, portandolo, come ci ricorda Paolo, alla distruzione dello stesso uomo e a una chiusura alla prima vocazione, quella della vita umana. E senza la vita umana nata e cresciuta nella famiglia di uomo e donna non ci può essere futuro.

Abbracciare il pensiero di Cristo vuol dire essere capaci di guardare alla vera vita è in essa essere capaci come società di tutelare ciò che accompagna la vita a essere umana, in primis il rapporto uomo e donna e la dignità di ogni bambino ad avere un padre e una madre.

Ed è da questa apertura alla vita che si comprende la nostra fede. Quanta strada dobbiamo fare, forse recuperare in questo tempo, perché ci siamo dimenticati chi siamo veramente. Che lo Spirito che ha incoraggiato il cuore dei discepoli ad annunciare nel nome di Cristo la vita nuova, a raccontare la loro esperienza con Lui, riscaldi i nostri cuori e li alzi a percorrere le strade di un vero e autentico nuovo umanesimo nei campi della cultura e della politica, un umanesimo veramente attento all’umanità dell’uomo (e non con promesse di poco valore), nella direzione di quella vita vera che può sconfiggere una falsa cultura ecologista e dell’”io basto”, che snatura l’uomo, rendendolo un essere non della vita, ma della morte. Lo Spirito ci orienti invece a riscoprire la bellezza originaria, quella che a inizio del cristianesimo ha attratto tanti uomini e donne a lasciare il paganesimo e tutti i suoi culti “disumani” per abbracciare la promessa di vita in colui che per amore e con il suo amore, da pietra scartata è diventato pietra angolare della vera umanità: Cristo Gesù.
 

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